Il termine "cliente" rende più adeguatamente del termine "paziente" il rapporto che si instaura con lo psicologo-counselor.
Per lungo tempo quella dello psicologo è stata considerata esclusivamente una professione sanitaria, in cui lo psicologo-medico cura attivamente il paziente che subisce passivamente le sue diagnosi e prescrizioni terapeutiche. Inizialmente la psicologia si occupava esclusivamente di patologie, ovvero delle malattie mentali, mentre più recentemente ha cominciato ad essere considerata una professione che si occupa di prevenzione della malattia, di benessere psicologico e di crescita personale e che ha pertanto a che fare con le universali difficoltà e momenti di crisi della vita. E' questo un ruolo che non passa attraverso diagnosi e cure mediche, ma attraverso la conoscenza di sè, la consapevolezza di come funziona la psiche, la scoperta e il potenziamento delle proprie risorse. Strumenti necessari per superare le difficoltà (blocchi, confusioni, incertezze, perdite) dell'esistenza umana.
Nel counseling psicologico la relazione di aiuto non è quella cui secoli di tradizione medica ci ha abituati: il soggetto aiutato non patisce (il termine paziente proviene dal latino "potior"= subire passivamente) le interpretazioni e le prescrizioni del medico, unico esperto che si occupa di curarlo, ma collabora attivamente in prima persona, assumendosi la responsabilità del suo stesso processo di cambiamento. Il paziente diventa attivo e partecipe al processo di cura, sia nel senso che è lui stesso a far emergere questioni, bisogni e risorse attraverso l'aiuto dell'intervento maiuetico dello psicologo - counselor che con domande mirate ma aperte (non tendenziose, cioè che non presuppongono già una risposta) contribuisce a fare chiarezza e a orientare.
In tal senso il paziente, in quanto attivo e compartecipe - e per ciò definito cliente - è anche corresponsabile. La responsabilità del cliente si concretizza nella scelta di intraprendere come, con chi e con quale durata il suo percorso psicologico, di assecondare l'uso di alcune tecniche rispetto ad altre che gli vengono proposte, nell'assumersi l'impegno di lavorare su di sè anche autonomamente, fuori dall'ambito limitato degli incontri con lo psicologo.
Un'altra specificità del rapporto counselor-cliente è l'empatia: l'atteggiamento del counselor non è neutrale, freddo e distaccato, ma al contrario caldo e accogliente, compartecipe e risonante. Il percorso di consapevolezza e crescita implica infatti un'apertura della propria intimità, un esprimersi fiduciosamente, che è possibile solo attraverso un rapporto di comprensione e di risonanza emotiva.
Per definire in modo netto questo tipo di rapporto, counselor e cliente stipulano un contratto in cui viene definito:
a) in cosa consiste il counseling e quale approccio viene utilizzato, affinchè la scelta da parte del cliente possa essere consapevole e informata dei metodi e delle competenze del professionista
b) tempi, costi e modalità di disdetta, affinchè sia chiara la professionalità della relazione
c) le aspettative del cliente nel processo di counseling piscologico e nella figura specifica del counselor, affinchè possa orientare il propro lavoro verso una meta individuata
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