Alcune terapie si basano sulla rievocazione del trauma, si può dire che lavorano sulle ferite. L’obiettivo è sanare l’esperienza dolorosa sciogliendone i nodi attraverso l'uso della parola. Attraverso il linguaggio verbale si dà voce alle emozioni, si procede allo ‘smontaggio’ delle false credenze, all’accettazione delle pulsioni aggressive e alla liberazione dal senso di colpa.
Altre terapie si basano invece sulle risorse e sulla capacità di trasformazione del vissuto traumatico. La risoluzione del vissuto traumatico passa allora attraverso il rimodellamento della memoria piuttosto che sulla rievocazione del passato: i ricordi devono venire modificati o trasformati, ossia inseriti in un nuovo contesto, neutrale e significativo. Si tratta di riorganizzare gli elementi dolorosi non elaborati in una nuova narrazione che racconti una “storia di guarigione”. Questo allo scopo di generare nuove esperienze positive che vadano a sovrascriversi su quelle negative, abbassando in tal modo il livello di guardia iperattivato (stato ansioso) e i conseguenti effetti fisici e dell’umore. La memoria funziona principalmente sulla reiterazione, più l’esperienza viene ripetuta più la memoria di quella esperienza si consolida. Funziona come una sorta di traccia nel terreno. Più viene percorsa, più si definisce e più si forma un solco profondo, indelebile. Allo stesso modo allora, rievocando l’esperienza traumatica non si farebbe altro che solcare e risolcare la traccia del vissuto doloroso, rinforzandolo anziché affievolirlo.
IL LINGUAGGIO DEL TRAUMA
Secondo le terapie sensomotorie (Pat Odgen), il trauma non è una malattia, è una normale risposta fisiologica ad una situazione dolorosa o minacciosa. Di fronte al trauma il cervello dà infatti priorità alle risposte più immediate, disattiva le funzioni cognitive più complesse e dunque più ‘lente’ (ragionamento, soluzione di problemi, pianificazione, memoria, linguaggio...) e attiva le funzioni fisiologiche e istintive più semplici e dirette: aumento della frequenza cardiaca, aumento del ritmo respiratorio o apnea, contrazione o spasmi muscolari, movimenti più veloci o bloccati. L’organismo viene in tal modo predisposto alle risposte immediate di attacco, fuga e congelamento, necessarie a far fronte alla situazione di pericolo.
Di fronte ad un’esperienza traumatica, si è agiti dagli automatismi: vengono messe in atto le risposte ‘animali’, istintive, automatiche, senza passare attraverso il pensiero. Si agisce senza pensare. Ci si sente dominati dalle emozioni. Si parla perciò di “sequestro emotivo”.
L’esperienza traumatica, proprio perché comporta la disattivazione delle funzioni cognitive, viene ricordata solo sotto forma di sensazioni fisiche ed emotive (memoria emozionale). Come tale non è possibile che venga espressa verbalmente o attraverso un’immagine, non può venire de-finita, identificata. Da qui il sentirsi confusi, sopraffatti o pazzi. Il trauma psicologico consiste in un’esperienza ‘fosca’, fatta di sensazioni ed emozioni aggrovigliate, che non sono assimilabili e integrabili nel “sistema psichico” della persona. Perciò Il vissuto traumatico rimane in sospeso, sotterraneo, costituendo un elemento di disturbo all’equilibrio psicologico, che non può essere risolto attraverso il linguaggio verbale. Per accedere al groviglio dell’esperienza traumatica è necessario usare il suo stesso linguaggio, quello preverbale delle emozioni, delle sensazioni corporee e delle pulsioni profonde. Dimensioni cui si può avere accesso attraverso l’immaginazione, la mindfulness, il focusing e la drammatizzazione.
Preliminare al lavoro sul trauma è la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza traumatica. È necessario cioè sia conoscere il significato del trauma e i suoi effetti, sia avere consapevolezza che della scissione della personalità post-traumatica.
E' utile, a livello terapeutico, far comprendere che la frammentazione o dissociazione è strutturale: è utile portare l’attenzione sul fatto che si tratta di una normale reazione istintiva a traumi, non necessariamente la prova di un disturbo dissociativo della personalità
I sintomi traumatici sono in definitiva degli strumenti di sopravvivenza ed è perciò necessario come prima cosa lavorare sull’accettarli, sul non giudicare i sintomi come negativi, ma come necessari alla sopravvivenza, evitando così l’aggravante del senso di colpa. Infatti:
- i flashback mettono in stato di allerta, preservando così dai rischi
- la depressione permette di essere visti senza dover agire, evitando così di esporsi al rischio.
- la paura dà dei limiti alla libertà di azione e di esplorazione, salvaguardando dal rischio.
- la vergogna consente di mantenersi nell’invisibilità, preservando dai rischi che comporta l’esporsi.
Pat Odgen, Il trauma e il corpo, Istituto di Scienze Cognitive Editore, 2006
Janina Fisher, Trasformare l'eredità del trauma, Mimesi editori, 2021
Suzette Boon, Kathy Steele, Onno Van der Hart, La dissociazione traumatica.Comprenderla e affrontarla , Mimesi editori, 2014
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